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Una città a misura dei bambini

Scuola Di Donato, Roma (sabato 11 maggio 2013)

testo di Ornella Mazzola, foto di Adamo Banelli, Lisa Bortune, Ornella Mazzola, Francesco Scirè, Alessandro Sgarito

 

Esiste una scuola, nel cuore dello storico quartiere Esquilino di Roma (forse uno dei più multietnici della città), che ha tutto il sapore di uno di quei classici sogni ad occhi aperti.

E’ il secondo anno che Shoot4Change segue il progetto “Una città a misura dei bambini” e quest’anno abbiamo avuto la conferma che i nostri occhi hanno visto forte e chiaro, e che la realtà certe volte è talmente bella, da non doversi per forza sfregare gli occhi per svegliarsi.

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La Scuola “Di Donato” ha come impronta speciale la sua natura multietnica: sono uniti sotto lo stesso tetto bambini cinesi, indiani, italiani, africani.. è una scuola che sembra riprodurre in scala il plastico di come dovrebbe essere la nostra società ideale, la scuola in cui ogni bambino è cittadino di quel piccolo mondo, dove la diversità è un dono prezioso e la creatività è libertà.

Liberi di essere come si è, liberi di essere bambini.

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Così Sabato 11 Maggio si è ripetuta la magia: la scuola, il suo enorme cortile assolato, gli spazi tutti intorno e l’intera via Bixio, si sono trasformati nei luoghi dei desideri realizzabili di tutti i bambini, all’aperto, sotto il cielo dipinto di celeste e le nuvole bianche e morbide come soffice zucchero filato.

Alle 9,30 in punto le nostre macchine fotografiche sono state assalite da tutti quegli spaziosi sorrisi sdentati.

Tutto ha avuto inizio così: una bambina cinese con due bottoni neri per occhi, la gonna a pois e una lunga coda nera è scesa dalla sua bicicletta rosa, l’ha parcheggiata con un gesto delicato in via Bixio, ha iniziato a correre verso il cortile interno della scuola, ha incrociato un suo compagno filippino, gli ha dato il cinque, ha proseguito la sua corsa fino ad arrivare al bordo di un grande rettangolo di terra destinato al mini-basket, ha allargato la sua grande gonna come fosse una mongolfiera e si è seduta. Ho seguito il suo percorso di corsa e in silenzio, fino a percepire che non sarebbe stato affatto un giorno come tutti gli altri.

Infatti, da quel momento, io e i miei compagni d’avventura siamo come stati risucchiati  dalle trame intrecciate di un gigantesco caleidoscopio: apparizioni improvvise di ballerine leggere e fluttuanti nell’aria, bambini lanciati in volo con piroette per fare canestro, piccoli Van Gogh in preda a smaniose pennellate sulle tele variopinte senza più uno spazio bianco, pattinatrici in technicolor in cerca di equilibrio, breaker in miniatura con le gambe e le braccia annodate, grilli saltellanti al ritmo di djambè africani e piccole lottatrici di Karate con gli occhi fieri come tigri.

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No, non sarebbe stato affatto un giorno come tutti gli altri.

Gli adulti sono rimasti a guardare con gli sguardi sorridenti la festa dei loro bambini, rispettosi e ammirati, non preoccupandosi, per una volta, dei vestiti imbrattati di tempera rossa e blu, non invadendo con le loro automobili fumose e il frastuono assordante dei clacson la bella via Bixio trasformata, per un giorno, in un’enorme macchia di colore.

Negli occhi dei genitori (e forse anche nei nostri) abbiamo letto la voglia di togliersi le cravatte, di dipingersi  i volti come i membri di una tribù dell’Africa nera, di ballare ObladìObladà fino a perdere il fiato, di smarrirsi chissà dove per un attimo e respirare. Respirare senza più le cravatte. Tornare bambini.

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In un solo giorno questi bambini sono riusciti ad impartire qualche lezione a noi adulti nel modo più semplice che si conosca, giocando: e così sabato 11 maggio abbiamo imparato che la pelle non ha colore, dipende solo da come te la dipingi; la musica è il suono che emette un cuore quando pulsa (e bisognerebbe sempre assecondare i piedi quando iniziano a tenere il ritmo, in preda all’anarchia); e poi la mano, bisogna sempre dare la mano all’avversario per rialzarsi, quando cade sul campo da gioco.

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Dobbiamo dare ascolto ai bambini: sono saggi, vedono chiaro, e non hanno mai paura di sporcarsi.

La scuola “Di Donato” ha realizzato così quest’iniziativa che ha l’effetto di un’eco che si espande sempre di più, volta a sensibilizzare il tema dei luoghi cittadini destinati ai bambini, allo sport, all’integrazione: chiede, attraverso la forza dei bambini, la creazione di parchi-gioco, palestre attrezzate, spazi veri in cui loro possano rotolare in santa pace, sbucciarsi le ginocchia, saltellare fino a toccare il cielo, magari acchiappare uno zucchero filato e ridere, ridere forte.

“Una città a misura dei bambini” significa riconsegnare lo spazio e il tempo alla fantasia, alla creatività, al gioco e trasformare un quartiere nel luogo ideale in cui far scorazzare le idee dei nuovi esploratori di questo pazzo mondo, a vele spiegate.

Tra i tutù rosa, i pattini a rotelle vecchio stile e i palloni da rugby, c’eravamo anche noi a raccontare di quel leggendario giorno in cui i bambini e gli adulti strinsero un patto: concedere ai grandi, in cambio di spazi liberi, un intero giorno da bambini.

Ornella Mazzola/S4C

 

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  1. Emiliano

    Io c’ero. La mia bimba non è di questa scuola, ma ci simo trovati lì invitati da amici.
    E’ stato veramente bellissimo, magari fosse così in tutta la nostra città.


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