Salonicco ai tempi della crisi
[english below]
[Sono molto contento di presentare, oggi, un nuovo reportage di Marco Palladino che dimostra, in maniera esemplare, come coniugare street photography e reportage sociale. Il tutto unito ad una sensibilità di osservazione molto interessante. Siamo a Salonicco, dietro l’angolo. E anche lì si sta propagando l’onda di protesta e di recupero della dignità civile (o civica?) che sembrava assopita in Europa. Ottimo lavoro, Marco! AntonioA]
Salonicco ai tempi della Crisi
La crisi economica che sta investendo l’Europa e sembra aver messo in ginocchio economie di interi paesi, quasi in un vortice che lentamente dalla periferia si muove verso il centro, ha trovato nella Grecia un punto di svolta per le coscienze europee.
Per quanto marginale dal punto di vista economico, la Grecia è l’Europa; l’Europa è un idea greca, antichissima.
Questo particolare momento storico, visto da una città che non è Atene, ha un sapore tutto particolare, in buona parte perché Salonicco è una città molto più piccola e in qualche modo condensa in luoghi sovrapposti tutte le contraddizioni che vive il paese, con ovviamente delle caratteristiche tutte sue.
La crisi diplomatica tra Germania e Grecia, ad esempio, mi viene raccontata da un disoccupato di 50 anni, ex operaio e tuttofare, che partecipa all’occupazione di piazza sul lungomare. Me la racconta in una telefonata, tra lui e sua moglie, tedesca, attualmente in Germania, la quale alla sua richiesta di mandargli del denaro regisce con le parole della propaganda politica conservatrice, “tu greco vuoi i nostri soldi” mescolando alquanto piano privato e collettivo: un chiaro segno dei tempi.
Salonicco è una città davvero piena di contraddizioni, fuori da facili stereotipi lessicali. Ci sono andato tramite una nota compagnia di voli low-cost che ha appena attivato una tratta diretta da Roma, tutti i giorni, segno evidente del crescente richiamo turistico di questa meta, pur in tempi di crisi.
La cosa che non può non colpire subito, camminando anche solo sul lungomare, è l’impressionante sequenza di bar, cafè e locali notturni, aperti fino a tardi, tutti pieni di gente che sembra davvero vivere in una realtà parallela, forse perché in gran parte studenti universitari provenienti da tutta la Grecia, o forse semplicemente perché vivono questi tempi in un modo del tutto ellenico.
La lentezza, piacevole e levantina, è un tratto di questa città che non si vede affatto in Atene, che mi ricorda molto del Medio Oriente e in un certo senso mi fa sentire questa città come più europea, nel senso più ancestrale del termine. I ristoranti sono sempre pieni, non solo il weekend, la gente non rinuncia a questo modo di vivere che ricorda molto l’Italia di 20-30 anni fa, almeno per quanto riguarda le grandi città.
D’altronde si può sedere a un bar, ordinare un cafè e poi restare per ore, fumando liberamente ovunque, lasciando che il tempo scorra anche sulle preoccupazioni, una lentezza che a me sembra terapeutica. Gran parte degli amici greci che incontro hanno problemi di lavoro, disoccupati e pro-tempore, ma se ne discute seduti su divanetti sorseggiando caffè e fumando, mescolandoci dentro battute e discorsi leggeri, il che sembra rendere il tutto assai più sopportabile.
La scelta dei giovani occupanti è invece diversa, più che altro sembra una reazione, coordinata certo, ma del tutto disorganizzata, in cerca di una identità politica che non sia preda di alcun partito, tutti ugualmente colpevoli, per questi ragazzi, di aver abbandonato i poveri e le persone in difficoltà per seguire logiche monetarie e finanziarie. Quanto tutto ciò ricordi la situazione Italiana è evidente.
Tra l’altro gran parte di questi giovanissimi, ma anche cinquantenni rimasti senza lavoro e stanchi di starsene a casa depressi, imputa all’euro molti dei problemi economici attuali e chiederebbe, se potesse, il ritorno alle drakme. Ma ovviamente colpevole è l’intera classe politica, corrotta, senza eccezioni. Che governa il paese con fare dittatoriale, e qui il ricordo dei generali non è così sbiadito.
Non a caso si sono registrate negli ultimi anni diverse aggressioni “spontanee” a personaggi politici, da parte della folla. La reazione del governo sembra andare verso un inasprimento della repressione. Una cosa che salta all’occhio anche di un nuovo arrivato è infatti l’aspetto della polizia. Non sembra tale.
Questa impressione mi viene confermata da un altro contestatore, un uomo di cinquanta anni, tecnico informatico disoccupato. Il governo sta trasformando la polizia in un esercito di picchiatori. E’ vero, sembrano dei buttafuori piuttosto che poliziotti, tutti palestrati, dai modi rozzi, vestiti in tenuta antisommossa estiva. Tutto questo fa davvero impressione.
Questo che si raccoglie è un movimento del tutto diverso, democratico nel senso pieno del termine, quindi in termini di società attuale: inefficente. Ma a loro non sembra interessare, intanto vogliono uscire dal guscio, rimarcare un’esistenza che ha dignità anche senza quattrini, infischiandosene di avere una voce in rappresentanza, avendo in diffidenza gran parte dell’establishment, media inclusi, anzi media per primi.
Anche a me non riservano una buona accoglienza all’inizio, solo dopo aver chiarito che il mio interesse per i loro problemi è sincero e non verrà distorto dalla propaganda, accettano di condividere qualche pensiero, in verità solo gli adulti, la cui consapevolezza viene da più lontano, non tanto i ragazzi, un po’ persi nel comporre la loro canzone, mi spiegano, chiedendomi addirittura di non fare rumore mentre la registrano con un cellulare, quasi che questa sia il canto omerico della loro storia, un canto sentimentale tra l’altro, non politico, una tessitura di parole ed emozioni di fronte alla quale interviste e fotografie non reggono, perché sono cose che hanno dimostrato di essere manipolabili dalla propaganda.
E come dargli torto.
Alla sera il lungomare si popola di bancarelle di dolciumi e pannocchie e persone a passeggio, il movimento di piazza si mescola con il popolo comune, si sovrappone, si confonde il senso ma si sente finalmente come questi siano solo la punta dell’iceberg, non facinorosi dei centri sociali, come li chiamerebbe sicuramente qualche rozzo politico nostrano.
Qui si tengono dei meeting aperti. Chiunque è libero di prendere la parola, non ci sono leader riconosciuti, le idee devono essere messe a confronto, tutte, sembra anzi che questo esercizio di democrazia sia lo scopo reale, non tanto per elaborare istanze da presentare a potenti verso cui si nutre solo disprezzo e pregiudizio, ma proprio per riappropriarsi di quell’antico esercizio di libero pensiero che in questa terra ha fondato la civiltà europea di cui ancora oggi ci fregiamo.
Sabato mattina, il 4 giugno, i lavoratori dell’azienda idrica locale manifestano in piazza contro la privatizzazione. Non sono molti, riempiono a malapena un quarto di Piazza della Libertà, 200-300 persone al massimo. Il corteo che passa davanti Ote Tower, la torre sotto cui sono accampati i protestatori, non si ferma nemmeno sul lungomare dove questi tengono le loro libere assemblee cittadine, ma tira avanti, probabilmente non volendo mescolarsi con quelli che il governo considera facinorosi, quindi rinunciando a una dimensione generale per salvare la contrattazione sul loro problema particolare, anche questo un segno dei tempi, del” si salvi chi può” che segna la vita civile.
Un brutto segno sicuramente, ma è qualcosa che accade spesso.
Ritornando, dopo pochissimi giorni, da questa realtà così esemplare, restano più domande che risposte, la consapevoleza di sapere pochissimo di questa terra che ha fondato la civiltà occidentale, le cui origini ho studiato largamente sui libri di storia, ma il cui presente sfugge alla ribalta, perché oggi il valore di una nazione si misura in pil e competitività con la Cina. Ma non qui, non in questo fazzoletto di civiltà, a ridosso di una torre antica, tra quattro tende che portano appesa una bandiera ellenica, in un caldo asfissiante e senza acqua, in questo angolino davanti al mare, strattapato alla barbarie del consumismo e dell’edonismo con cui il potere ha sedotto le coscienze e spento le intelligenze, quasi portando avanti un piano ben preciso.
E hanno ragione, per non vederlo bisogna proprio impegnarsi.
Marco Palladino/S4C
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Thessaloniki in times of the crisis
(story: Marco Palladino/S4C)
The economic crisis that is sweeping Europe and seems to have crippled the economies of entire countries, almost in a vortex that slowly moves from the periphery toward the center, has found in Greece a turning point for the European consciousness. Altough apparently marginal from an economic standpoint, Greece is Europe; and “Europe” is a Greek idea, a very old one.
This very peculiar historic moment, seen from a city other than Athens, has a very special taste, largely because Thessaloniki is a much smaller city and somewhat condensed.
The diplomatic crisis between Germany and Greece, for example, as I was told by an unemployed 50-year-old former factory worker and handyman, who participated in the occupation of the square on the waterfront. I heard it thanks to a phone call between him and his german wife, currently in Germany, which made its request to send him money reacts with the words of conservative political propaganda, “You greek want our money!” rather mixing private and public: a clear sign of the times.
Thessaloniki is truly a city full of contradictions, out of easy stereotypes. I went there flying a well-known low-cost airline that has just activated a daily direct route from London, a clear sign of the growing attraction of this tourist destination, even in times of crisis.
The thing that can not fail right away, just walking along the seafront, is an impressive sequence of bars, cafes and nightclubs, open late, all filled with people who seem to really live in a parallel reality, perhaps because a large part of university students from all over Greece, or perhaps simply because they live these days in an true Hellenic way.
The slow, pleasant and Levantine pace is a part of this city that is not seen at all in Athens and which reminds me of the Middle East. Somehow this makes me feel like a true European city, in the ancestral sense of the word. The restaurants are always full, not just the weekend, people will not surrender to this way of life reminiscent of Italy 20-30 years ago, at least in the big cities. Besides, you can sit in a bar, order a cafe and then stay for hours, smoking freely everywhere, letting time pass on the also on the worries.
It seems to me it is therapeutic.
The choice of the young occupants and demonstrators, however, is different; it seems more like a reaction, a coordinated one for sure, but totally disorganized, in search of a political identity that is not prey to any party, all equally guilty, for these guys: politicians have abandoned the poor and those in need to follow the logic of money and finance.
All this obviously reminds the Italian situation.
Among other things, most of these youngsters, but also those in their 50s who lost their jobs, stay home tired and depressed and blame it to the euro who allegedly brought many of the current economic problems. They even ask if they could return to drakme. But obviously they blame the entire political class, a corrupt one, without exception, that govern the country with dictatorial attitude ( and here the memory of the generals is not so faded).
No coincidence that there have been several “spontaneous”attacks in recent years to politicians, from the crowd. The Government’s reaction seems to go towards an escalation of repression. One thing that jumps to the eye even to a newcomer is in fact the look of the police. It does not seem such.
This impression is confirmed to me by another protester, a man of fifty years, an unemployed computer technician. The government is turning the police into an army of thugs. It ‘s true, they look like bouncers rather than police officers, all muscles, rough manners, clad in riot gear during the summer.
All this is very impressive.
The movement that is now gathering is completely different: democratic in the full sense of the term; inefficient in terms of contemporary society . But they do not appear to mind at all; in the meantime they want to get out , point out a life that has dignity, even without money, never mind having a voice in representation, having distrust in much of the establishment, including media.
Me too: I did not receive a warm welcome at first, until I clarified that my interest was sincere and their problems will not be distorted by propaganda. So they agreed to share some thoughts; to be frank, only the adults, whose knowledge comes from far awy, not just the boys, a little ‘lost in composing their song, they explain to me, asking me not to even make noise while recording with a mobile phone, as if that wa the Homeric poems in their history, a sentimental song of the ‘other, non-political, a weaving of words and emotions in front of which interviews and pictures do not stand up because they are things that have been shown to be manipulated by propaganda.
And how could you disagree?
When the lights of the day go down, a crowd fill the promenade packed with stalls and candy corn; the demonstrators in the square are mixed with the common people, they overlap in a confusing way but finally it feels like these are just the tip of the iceberg, not mob of social centers, as some rude political of ours would surely call them.
In the square, the meeting are open. Anyone is free to speak, there are no recognized leaders, ideas must be confronted, all of them.
It seems that this exercise of democracy is the real purpose, not so much to develop powerful requests to be submitted to the Government, but just to reclaim the ancient exercise of free speech in this country that founded the European civilization.
Saturday morning, June 4th, the local water company workers demonstrate in protest against the privatization.
Not many, they barely fill a quarter of Freedom Square: 200-300 persons. The rally passes the Ote Tower, the tower under which the protesters are camped out. It does not stop even on the waterfront where they keep their free town meetings.
It goes straight on, probably not wanting to mingle with those the government considers troublemakers, and then giving up a general dimension to save the bargaining on their particular problem; this is a sign of the times, the “every man for himself” that marks the civil life. A bad sign for sure, but it is something that happens often.
Returning after a few days, from this reality as exemplary,there are still more questions than answers. Being aware to know very little of this land who founded western civilization, whose origins I have studied extensively in the history books, but whose present escapes public attention, because today the value of a nation is measured in GDP and competitiveness with China.
But not here, not in this patch of civilization, behind an ancient tower, among four camping tents that hung a flag of Greece, in a scorching heat and no water…. this little corner in front of the sea, tore away from the barbarity of today consumerism and “hedonism” with which the Establishment washes off the individual consciences , almost taking out a clear plan.
And they are right. You really have to work hard not to see it.
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