Polveri Afghane

Presentiamo oggi una sintesi di un reportage di un  nostro nuovo membro, Danilo Dom Calogiuri. E’ molto giovane, Dom (tutti lo conoscono così, ormai), ma ha già molte esperienze fotografiche particolari. E’ un ex sottufficiale dell’Esercito, ed ha avuto un’esperienza in Afghanistan nel ruolo cd “combat camera”, ovvero colui che segue le operazioni, documentandole con foto e video.

Congedatosi dall’Esercito, recentemente, ha intrapreso una carriera di free lance ed ha recentemente aderito alla missione di S4C di riportare alla luce storie sociali spesso dimenticate. Certo, non è il caso della guerra in Afgahnistan ma devo dire che questo reportage è molto interessante non solo per il punto di vista privilegiato ma anche per la realizzazione su pellicola (leggerete cosa è successo) e per la sensibilità di Dom. A voi il giudizio.

AA

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Polveri Afghane (di Danilo Dom Calogiuri)

La polvere dell’ Afghanistan non si può scordare, quella resa fine e sottile dall’aridità della stagione calda, molto più simile al borotalco che alla terra; quella resa fango dall’inverno, ma che assomiglia ad una grossa distesa di gelato; la senti, la respiri, entra a far parte della vita.

In Afghanistan i sensi sono alterati dalle forte emozioni date dalla natura che si manifesta sotto forme uniche; tramonti che tolgono il fiato, imponenti montagne, che ogni stagione si colorano con tonalità diverse, immense vallate deserte dove il tempo sembra essersi fermato, sembra quasi di vivere in un paesaggio creato da Dalì.

Afghanistan, Mangan; Un vecchio con il suo grosso cane si riposa e osserva tranquillo il passaggio dei soldati. Sembra surreale questa pace che si contrappone all'agitazione e la paura dei militari che scaturisce dal pensiero che da un momento ad un altro potrebbe scoppiare uno scontro a fuoco o potrebbero saltare su una mina durante la pattuglia.

I giovani soldati, nonostante i duri addestramenti, si ritrovano catapultati in una realtà parallela opposta, che mette a dura prova anche i più forti.

Partiamo dall’ Italia con volo civile, prima tappa Emirati Arabi, Abudabi, si sente già l’aridità dell’aria, ci imbarchiamo in seguito su un aereo militare, ed è già la prima prova!

Qualche ora di volo tattico, radente al suolo in modo da rendere visibile l’aereo solo all’ultimo momento, e atterriamo nell’aeroporto di Herat.

A terra le emozioni sono tante, mescolate alla paura, in pochi sanno cosa li aspetta!

Afghanistan, Bala Murghab; Uno spettacolo affascinate, una terra bellissima ma allo stesso tempo molto difficile. D’estate troppo calda, d’inverno troppo fredda regala dei paesaggi mozzafiato; Le sue montagne cambiano colore con una frequenza mai vista da nessun altra parte, possono essere del colore della terra quando il clima è molto arido, ma basta una pioggia per far crescere dell’erba di un verde bellissimo, possono colorarsi di colori sgargianti se sbocciano dei fiori in primavera, ma possono essere ancora totalmente bianche in inverno coperte di neve.

I primi giorni li passiamo a “Camp Arena” la base multinazionale di Herat; qui i veterani ci spiegano la reale situazione, i reali pericoli, quello più temuto è rappresentato dai kamikaze o dagli “ied” (improvised explosive device) trappole mortali artigianali, ricavate da mine o vecchi ordigni prevalentemente ex sovietici, nascosti sotto terra o radio controllati; ci svelano dei trucchi per riconoscere questi pericoli, ma i soldati sanno bene che non sono sempre efficaci.

Dopo qualche giorno veniamo tutti catapultati in una nuova realtà, chiamata Bala Murghab; il viaggio è lungo, quattro giorni, tra dune e altissime montagne; la provincia di Herat è attraversata da una strada asfaltata, la famosa Ring Road, chiamata così per la sua caratteristica forma ad anello; purtroppo si estende prevalentemente verso sud, noi invece siamo diretti a nord, la percorriamo per soli 60 km, ed è proprio qui che abbiamo la prima sorpresa, un uomo in sella ad una moto si fa esplodere all’altezza del secondo mezzo, fortunatamente, l’unica vittima è il kamikaze stesso, per noi oltre alla paura e qualche trauma leggero le uniche perdite si contano nei mezzi e materiali;

Afghanistan, Herat, Ring Road; Il pericolo più grande per i soldati della coalizione NATO sono proprio gli attacchi dei Kamikaze o le mine nascoste nel sottosuolo. La maggior parte delle vittime si sono avute in questo modo.

io personalmente perdo le mie reflex digitali e gran parte degli obiettivi, riesco a recuperare la mia inseparabile Nikon F4 con un 50mm e una piccola compatta, che, avendo a disposizione pochi rullini, diventò la vera protagonista del reportage!

L’operazione è supportata dall’aereo senza pilota italiano “Predator”, che mandato in avanscoperta riesce a salvare il convoglio dai tentativi di attacco.

Attraversiamo i villaggi più isolati dalle etnie diverse, dagli Hazara ai Pashtun fino agli Uzbeki.

I bambini, appena uditi i primi rumori dei mezzi, ci corrono incontro, chiedono da mangiare e da bere; loro sono una garanzia per i soldati, perché un attentatore avvisa sempre gli abitanti del paese prima di piazzare una bomba, di conseguenza nessuno passa o gioca più in quella zona;

Purtroppo non sempre i potenti mezzi o l’ esperienza sono utili a sventare un attentanto.

Bala Murghab è un paese difficile, si trova al confine con il Turkmenistan, circondato da montagne e attraversato da uno dei tre fiumi più grandi dell’ Afghanistan, il Murghab, non c’è acqua corrente, manca anche l’ elettricità, pochissimi fortunati vivono in case di mattoni, gli altri hanno case fatte con fango e paglia!

Nella FOB (Forward Operating Base o Base avanzata di operazione) i soldati non se la passano meglio; gli Italiani vivono fianco a fianco con militari Americani e Afghani, tra povere e privazioni; nella stagione invernale, quando le condizioni climatiche sono avverse, i rifornimenti, che generalmente vengono aviolanciati con un operazione chiamata “Air Drop”,  non arrivano.

Afghanistan, Bala Murghab; La FOB Columbus (Forward Operation Bases, base avanzata dove operano circa 300 soldati, in questo caso divisi tra Afghani, Italiani e Americani) si trova a nord dell’ Afghanistan, al confine con il Turkmenistan; una zona molto difficile, circondata da villaggi sotto il controllo degli “insurgents” (così vengono definiti i nemici della coalizione, non più solo Talebani, ma ormai di etnia generalizzata, perché gli interessi sono passati dalla religione al traffico di droga, armi o atti illegali in genere). La FOB nasce intorno ad un ex cotonificio occupato in un primo momento dall’esercito americano, poi passata sotto il comando Spagnolo e in seguito sotto quello Italiano; Attualmente ci operano dei soldati Italiani, Americani e Afghani. La base e protetta dai famosi “esco bastion” (cesti ricavati da griglie di ferro facili da trasportare nelle zone operative, una volta sul campo vengono riempiti da terra che una volta compattata diventa come un muro di protezione per i campi militari). La FOB è lontana circa 600km dalla base comando di Herat e solo 50 sono di strada asfaltata, il resto sono vie sterrate che collegano villaggi e attraversano altissime montagne, un viaggio lungo non meno di tre giorni. Per questo l’unico modo per ricevere cibo e rifornimenti è quello di farseli lanciare con dei paracadute da un aereo; questa operazione, chiamata Air Drop, non è garantita perchè soggetta alle condizioni atmosferiche, i pacchi vengono lanciati fuori dalla base e possono finire in una qualsiasi parte della valle, o nel fiume, inoltre in inverno le nuvole creano un fitto strato che rende impossibile la visibilità , facendo slittare l’operazione anche di molti giorni, quindi capita che i soldati rimangano senza viveri e costretti ad utilizzare le famose razioni k€.

Ma questo è solo l’ultimo dei problemi, a Bala Murghab è come stare in prima linea, quasi con cadenza giornaliera la base è oggetto di attacchi. La zona, a prevalenza Pashtun, ricollegabile ai talebani, è molto calda; è un punto chiave per il crocevia dei traffici illeciti;

Qui esiste un governo parallelo con un’ organizzazione ben definita, probabilmente infiltrata nella comunità attraverso la propaganda ma anche violenza e intimidazioni.

L’ Afghanistan è un paese dalla storia lunga e travagliata, ma la voglia di una vita diversa si legge sui volti dei vecchi che si incontrano per strada, che sperano in un futuro senza guerra e violenza per i loro figli.

Danilo Dom Calogiuri

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