Nessuno vuole sapere?

Il mondo della Droga: Nessuno vuol sapere?

(testo e foto: Francesco Cusenza/S4C)

<< Esistono tre fasi: la scoperta ed il piacere, scegliere lei ai tuoi cari ed infine la solitudine. A questo punto puoi renderti conto dell’errore e farti forza per ricominciare a vivere una vita reale oppure ti arrendi definitivamente a lei aspettando la fine.

Purtroppo sono ancora tanti a scegliere la seconda ipotesi…>> mi dicono questo mentre nel laboratorio il lavoro si svolge in maniera frenetica, rapida di gesti automatici che assemblano il campioncino di profumo col cartoncino perfettamente piegato.

Sono nel Paradiso o meglio nella parte positiva di questa storia, mi trovo nella comunità di recupero per tossicodipendenti della fondazione “Promozione Umana” gestita da Don Chino Pezzoli che da quarant’anni combatte al fianco di tutti coloro che prendono la decisione di smettere.

Dalla relazione annuale al Parlamento sull’uso di sostanze stupefacenti e sullo stato delle tossicodipendenze in Italia per l’anno 2009/2010, redatta dal Dipartimento per le politiche antidroga, è stato stimato che il numero totale dei consumatori (intendendo con questo termine sia quelli occasionali che con dipendenza da sostanze – uso quotidiano) è di circa 2.924.500.

Di questi l’1,29% fa uso di eroina, il 4,81% di cocaina, spesso sottovalutata ma che a lungo termine provoca danni irreparabili al sistema nervoso.

Ancora più allarmanti sono i dati riguardanti gli studenti tra i 15 ed i 19 anni, di cui l’1.2% ha fatto uso di eroina mentre il 4,1% ha assunto cocaina.

”]In particolare la cocaina detta anche “invisibile” è quella che rende meno manifesta la dipendenza quindi i dati statistici possono essere sottostimati da una non coscienza della problematica.

Si tratta di percentuali ancora molto elevate nonostante le campagne d’informazione promosse per sensibilizzare l’opinione pubblica.

Ma la gente quanto conosce di questo mondo? Praticamente nulla.

Spesso vige ancora un pregiudizio arcaico nei confronti della questione.

Come mi dice un ragazzo in comunità -<< La gente non si informa fino a quando non si manifesta il problema in casa…>>.

Arrivo alla stazione di Bergamo, una come tante altre, niente di particolare, eppure appena arrivato la mia attenzione viene attirata da delle ragazze nascoste dietro un’ambulanza.

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Hanno un modo di fare strano e solo dopo mi rendo conto che stanno per “farsi”, il problema è che non è notte fonda e la stazione è circondata da migliaia di persone.

Non sono l’unico a vedere ma molti non vogliono farlo.

Infine capisco il perché, chi controlla la zona mi sta seguendo!

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Sono in due e soltanto l’arrivo inaspettato di una volante della Guardia di Finanza mi salva da un probabile pestaggio.

Per capire affondo la diffusione di droghe a Bergamo mi reco al SERT (Servizio per le Tossicodipendenze) di Bergamo, ero stato messo in guardia che mi sarei trovato difronte a scene forti e le aspettative sono state completamente rispettate.

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Vi è un giardino interno in cui si trovano ragazzi sotto l’effetto di chissà quale sostanza che vegetano in attesa di chissà cosa.

I SERT dovrebbero fornire tutto l’occorrente per poter uscire dalla dipendenza ma spesso si trovano con le mani legate da una burocrazia sempre più complicata, il tempo passa ed il problema per il tossicodipendente rimane.

Per ovviare, “Promozione Umana” ha aperto una rete capillare di centri d’ascolto dotati di psicologi, educatori e spesso di Don Chino Pezzoli in persona,  in grado di veicolare direttamente il tossicodipendente verso una comunità d’inserimento.

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Mi raccontano che -<<…quando non ho di che farmi vengo al SERT, basta dire che voglio smettere, mi fanno gli esami del sangue e mi danno il metadone. E’ semplice, non ho le crisi d’astinenza e vado avanti>>

Non si vede via d’uscita da questa storia, ne ho abbastanza e non vedo l’ora di ritornare nella comunità di recupero per riordinare i pensieri.

Per raggiungere da Castione della Presolana (BG) i 1050 metri d’altitudine della baita serve un fuoristrada ed almeno un quarto d’ora di tempo.

La maggior parte delle persone immagina la comunità di recupero come un carcere, un manicomio o peggio un lager ma non è niente di tutto questo.

In effetti la comunità non è le quattro mura della baita S.Luigi ma i 23 ragazzi che ci vivono e che passano giornate intere insieme condividendo successi e delusioni.

Vi sono delle regole rigide da rispettare scandite da intervalli di tempo regolari ma questo serve a dare una sorta di disciplina a chi precedentemente aveva perso completamente le redini della propria vita.

Si lavora sodo: stalla, cucina, laboratorio, lavanderia, queste le mansioni che vengono affidate settimanalmente dai coordinatori e che tengono la mente impegnata ed aiutano ad aprirsi con l’altro.

Non esistono tabù,  nessuno si vergogna dei propri errori ma vengono visti piuttosto come il punto dove tagliare e ricominciare.

”]Il percorso di riabilitazione dura tre anni diviso tra: fase d’inserimento, fase evolutiva, fase di responsabilità in Sardegna ed infine fase della collaborazione.

Non è facile e soltanto le persone veramente motivate arrivano alla fine.

La loro forza sono i figli a casa, i genitori e le mogli o fidanzate, persone che hanno sofferto tantissimo e che meritano una ricompensa per la loro fiducia incondizionata.

Qualcuno potrebbe pensare che frasi come:  – <<…la droga uccide…>> ; -<<…ti rende la vita impossibile…>>  -<<… rimarrai solo…>> siano ormai semplicemente banalità snocciolate da un finto moralista.

Purtroppo non è così, purtroppo il problema è più che mai presente, purtroppo se ne parla sempre di meno e purtroppo la gente quando può cambia canale per non vedere.

Tanto, come dice quel ragazzo in comunità:

-<<… La gente non si informa fino a quando non si manifesta il problema in casa!!!>>

Francesco Cusenza/S4C


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