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L’oratorio di S.Chiara non è un Oratorio e basta: è tutti i bambini di Ballarò.

(una storia di Ornella Mazzola/S4C Palermo)

Dietro le lenti spesse degli occhialoni di Don Enzo si intravedono i suoi occhi giovani e scuri, triplicati di dimensione.

Gli occhi di Don Enzo sono già pieni di vita vissuta, sono pieni delle vite degli altri.

Sorridono e diventano attenti senza soluzione di continuità.

Li ho incontrati per la prima volta in un tipico giorno di scirocco palermitano, quando una patina giallina quasi invisibile sembra ammantare tutta la città, mentre soffia un vento che investe tutti senza pietà.

Ballarò quel giorno sembrava più del solito un ammasso di colori: i tendoni arabeggianti rossi, la frutta profumata, la carne insanguinata appesa, le persone addensate come in un formicaio.

E poi c’erano i bambini Tamil magri e agili che corrono instancabili su e giù per le viuzze dove ci passa solo una persona per volta, le regali donne africane che camminano lentamente con i loro bambini legati alle schiene dai loro foulard variopinti, i signori palermitani di grande stazza con gli occhi furbi che cercano di venderti anche ciò che non hanno, la signora nigeriana che prepara le sue patate africane con il banchetto di nuova street-food multietnica fai da te, e i bambini palermitani dell’Albergheria che sembrano già grandi.

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Ballarò è tutto questo. E’ anima, sangue, colore, mistura di culture, fusione di dialetti, povertà, dignità, storie che ogni giorno convivono spalla contro spalla.

E Ballarò è ormai da anni uno dei luoghi più multietnici di Palermo, inglobato da uno dei quartieri più complessi a livello socio-economico della città: l’Albergheria.

E’ qui che i palermitani rimasti convivono e condividono con gli immigrati (magrebini, asiatici, nigeriani, romeni e tante altre etnie) i pianerottoli delle storiche palazzine fragilissime del centro, il mercato, le venature dell’asfalto, l’ombra, il sole.

1-IMG_5313Ma condividono soprattutto un luogo magico che è una vera e propria anima che pulsa ormai da anni e anni a Ballarò: l’Oratorio di Santa Chiara, una figura mitica che sembra esserci in tutti i racconti di papà e nonni, perché è da sempre lì e non potrebbe mai essere da un’altra parte.

Perché l’oratorio di Santa Chiara non è un Oratorio e basta.

E’ tutti i bambini di Ballarò.

E’ tutte le mamme e i papà, i disoccupati, le persone che hanno bisogno anche solo di uno sguardo per capire che sono ancora vive.

E’ qualcosa che arriva dove qualcosa manca, perché in un quartiere come l’Albergheria e in una città come Palermo inevitabilmente qualcosa manca sempre, a tutti, ogni giorno.

Le sue porte sono aperte a qualsiasi ora a tutte le storie piccole e adulte, e loro entrano silenziosamente da quel portone, con il vento di scirocco che soffia in senso contrario.

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Tra le sue storiche mura Don Enzo, i suoi collaboratori, e i tanti volontari laici che si susseguono, conoscono i nomi dei bambini uno per uno, i genitori di quei bambini e i numeri civici in cui abitano i frammenti di vita che si portano dietro.

E quello che si portano dietro è il colore della pelle, il loro credo, le usanze dei loro paesi di appartenenza, le difficoltà quotidiane, la rabbia, i sorrisi (perché ridere non si paga) o anche niente.

A S. Chiara non importa da dove vieni, Chi è il tuo Dio, e quello che non hai.

Le persone come Don Enzo sanno bene che dal niente può nascere potenzialmente tutto.

IMG_4998 (2)E lui lotta per questo ogni giorno, con il sorriso.

Ho visto i bambini e gli adolescenti di tutte le etnie del quartiere entrare da quel portone, giocare, diventare amici, convivere e litigare (anche). Perché non è sempre facile venirsi incontro, rispettarsi e trovare una chiave, quando sei un bambino che fa già i conti con la vita.

Eppure i bambini riescono ad andare verso “l’altro” in un modo così naturale, e in più a Palermo siamo (storicamente) abituati ad accogliere.

E così un bambino africano nel cortile dell’Oratorio sorridendo dice “amunì!” a un ragazzino di Ballarò, mentre giocano ad inseguirsi.

Ho avuto modo di seguire i bambini e i ragazzi durante le loro attività: doposcuola pomeridiano portato avanti dai volontari, asilo multietnico, festa d’estate, sport, momenti di integrazione e socializzazione, gioco, gite al mare.

Non ho ancora finito e tornerò a raccontarvi questa bella storia.

Ornella Mazzola/S4C Palermo




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