L’Inferno dentro
Ex Manicomio di Volterra (PI) – Ospedale Psichiatrico Ferri
L’Ospedale psichiatrico di Volterra ebbe origine nel 1888 nella costituzione di una sezione per “dementi” all’interno del ricovero di mendicità dell’ex convento di San Girolamo.
Con R.D. 5 giugno 1902 nacque il Frenocomio S. Girolamo e nei decenni successivi l’istituzione conobbe un notevolissimo sviluppo, ampliandosi progressivamente con officine, servizi e con una vera e propria azienda agraria, diventando uno dei manicomi più grandi d’Italia, specie dopo la costituzione di una sezione giudiziaria. Dal 1933 l’Ospedale passò sotto la Congregazione di carità; nel 1963 fu costituito il Consorzio per la sua gestione fra le province di Pisa e di Livorno. Nel 1978 divenne presidio ospedaliero dell’Unità sanitaria locale n. 15 di Volterra.
L’Ospedale Psichiatrico di Volterra, dopo la sua chiusura, è diventato “famoso” per i graffiti di Nannetti Oreste Fernando, 180 metri di muro esterno in cui NOF4, come lui stesso si firmava, ha inciso nei lunghi anni di degenza un’opera enciclopedica di sentimenti.
Parole, poesie, disegni scavati nella pietra gialla con la fibbietta del gilet della divisa dei matti reclusi.
Nicola Gronchi
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HELL WITHIN
(by Nicola Gronchi)
The psychiatric hospital in Volterra was founded in 1888 by building a section for “demented” in the workhouse of the former convent of San Girolamo.
In 1902 it started as “Frenocomio San Girolamo” and in the following decades the establishment enjoyed a remarkable growth, expanding progressively with shops, services, and with a real farm, becoming one of the largest mental hospitals in Italy, especially after the establishment of a judicial section.
In the fifties and sixties it saw a huge development as to be considered, untill the famous Basaglia Act of 1978, one of the largest mental hospitals in Italy with over 100 000 cubic meters of volume.
Until 1975, when the Act 180 brought an end to the existence of mental hospitals, “going to Volterra” often means ending at the psychiatric hospital Ferri.
This structure was composed of three main buildings in which 6,000 people could find shelter at the same time, with fewer than 20 sinks and 2 wc every 200 patients: a true hell on earth, in which one could be confined at the early symptoms of depression, of suspected schizophrenia or for political or moral claims.
All for a treatment using electric shocks, insulin induced comas and a checklist of all poison pills and administered to “test” the results ignoring the often irreversible consequences on the patients selected for this treatment.
From the Procedure Rules: “The nurses cannot keep relations with the families of the patients, give them news about them, take out letters, articles, messages, greetings, and cannot bear the patient any news from outside, or objects, or prints,or written …”
10% died from beatings magnetic-cathode
40% for transmitted diseases
50% for hate, lack of love and affection
The Psychiatric Hospital of Volterra, after its closure, has become sadly “famous” for the graffiti of Oreste Fernando Nannetti, 180 meters of the outer wall where NOF4, as he signed himself, had carved, during the many years of his permanence there, a ‘ encyclopedia of feelings, biographies and crimes suffered and witnessed.
Words, poems, drawings carved into the yellow stone with the buckle of the uniform jacket of the mad inmates.
Finally, the Psychiatric Hospital of Volterra has inspired the singer Simone Cristicchi for the song “Ti regalerò una rosa”, an imaginary letter from Antonio, locked in a mental hospital since he was a child.
This is meant to be a witness and a raw food for thought to give more significance to the efforts of Franco Basaglia, an italian psychiatrist and neurologist , who fought with all his forces to close, in 1978, these authorized Konzentrationslager
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Ciao,ho visto il tuo bel reportage sull’ex manicomio di Volterra.Ne ho realizzato uno molto simile al tuo circa 2 mesi fà..se ti và di darci un’occhiata contattami,mi farebbe piacere.Un caro saluto.Stefano.
Egregio sig.Gronchi
ho visto sul sito e ahime addiìrittura sul sito di Repubblica il suo “reportage” sull’ex Manicomio di Volterra. Sono il dr.Pellicanò, figlio di quel Carmelo Pellicanò scomparso nel 2007 e che ha lavorato nell’Ospedale di Volterra come Primario dal 1972 e come Direttore dal 1975 al 1983 quando assunse la Direzione fino al 1999 del Manicomio S.Salvi di Firenze.Le foto sono belle e significative e già a me conosciute.Quello che assolutamente non va è il commento di accompagnamento. Tutto quello che lei scrive è vero fino agli inizi degli anni 70: il manicomio era solo un luogo di detenzione e non di cura e se proprio si instauravano dei trattamenti erano quelli terribili da lei descritti. Ma poi sono cambiate molto le cose e l’Ospedale di Volterra è diventato un centro di esperienze avanzatissime in campo psichiatrico tanto da richiamare studiosi da tutto il mondo che venivano ad imparare nuove tecniche terapeutiche e nuove strategie operative.La legge del caro amico Franco Basaglia, con cui mio padre ha collaborato nella stesura, ha fornito lo strumento legislativo per il superamento dei manicomi nel 1978, cosa che di fatto mio padre aveva già realizzato nel 1975.Quindi scrivere che fino al 1975 andare all’Ospedale di Volterra significava finire in un inferno simile è clamorosamente sbagliato, e profondamente offensivo per la dignità e la professionalità dei tanti operatori, medici infermieri assistenti sociali ecc, che si sono battuti con tutte le loro forze per umanizzare e superare questa realtà orribile.Tutto quello che ha scritto apparteneva già al passato quando mio padre assunse la Direzione anche se certo la situazione non era rosea. Due ultime considerazioni: Il graffito di Nannetti rappresenta una delle opere antropologiche più importanti esistenti in Europa ed è in stato di colpevole abbandono, così come tutta l’immensa struttura Manicomiale, per colpa delle autorità locali.Alcuni suoi colleghi hanno realizzato reportage fotografici e filmati che aiuteranno a trasmetterne la memoria.Si è aperta proprio in questi giorni a Losanna una mostra su questo a testimoniarne l’importanza..all’estero.Il buon Simone Cristicchi non si è ispirato al Manicomio di Volterra ma ad un libro che mio padre ha fatto pubblicare molti anni fa (Corrispondenza negata) e che raccoglieva tutte le lettere dei ricoverati che non venivano inviate alle famiglie.Tale lettere ricche di una umanità incredibile furono trovate da mio padre e dai suoi collaboratori nelle cartelle cliniche dei pazienti, pubblicate e rimesse al loro posto quando non poterono essere consegnate alle famiglie dato il tanto tempo passato.E’ da una di queste lettere che Simone ha tratto la sua splendida canzone con cui ha vinto Sanremo 2007.Da allora grazie all’amicizia che si è creata con lui, ed allo sforzo della mia famiglia e soprattutto di mia mamma si è creato un movimento di opinione tale che ci permesso di pubblicare una seconda edizione del libro di cui hanno parlato molti giornali e televisioni. Il manicomio di Volterra non è affatto tristemente famoso, è famoso per le sue innovative e rivoluzionarie esperienze politiche e sanitarie che hanno permesso di superare realmente la tremenda e disumanizzante realtà dei Manicomi.Mi fa piacere che lei sostenga la legge Basaglia tuttora ciclicamente sottoposta a critiche e a tentativi di delegittimazione e spero voglia accogliere queste mie note dettate solo da necessità di precisazioni doverose.Cordiali saluti.
Gentilissimo Sig. Pellicanò,
la ringrazio tanto per il suo commento e per la completa ricostruzione che mi ha indotto a saperne e capirne di più.
Stiamo da tempo affrontando (seppur saltuariamente) il tema della salute mentale come Shoot 4 Change e non è facile. Eppure, piano piano, tra mille risvolti altamente emotivi, stiamo riuscendo a smuovere un po’ le acque e riportare un po’ di dibattito e di luce su un tema ancora, per certi versi, scomodo.
Suo padre ha avuto degli straordinari meriti e sono d’accordo con lei sulla necessità di una completa ricostruzione storica che porti ad un giudizio sereno sugli anni passati.
Allo stesso modo, sento di dover spezzare una lancia in favore di Nicola Gronchi, che da buon fotografo quale è, ha saputo rendere in immagini tutto il dolore, la desolazione, la solitudine, il silenzio assordante o le urla silenziose che sicuramente albergavano in quei luoghi (a prescindere dal periodo).
Sicuramente, visitare quei luoghi (divenuti ahimè simboloci) può indurre, magari inavvertitamente, ricostruzioni e giudizi emotivi che nulla tolgono, però, al valore di quanti hanno comunque creduto nel loro lavoro, svolto in maniera seria e professionale, nell’esclusivo interesse dei pazienti.
Le confesso, con un po’ di imbarazzo, che non conoscevo gli scritti del suo papà. Ma da una rapida ricerca, mi è subito venuta voglia di leggere “Corrispondenza negata. Epistolario dalla nave dei folli“(1889-1974)
[N.d.R. una serie di scritti, nella quale, dopo anni di silenzio, ha fatto finalmente giustizia di tanta comunicazione negata, spacciata per psicopatologia e allegata alle cartelle cliniche anziché essere spedita ai legittimi destinatari. Di recente, il testo è stato ripreso e valorizzato, insieme ai graffiti di Nannetti, all’OP di Volterra, da Simone Cristicchi nel suo libro “Un Cantastorie Tra i matti”]
Mi riprometto, e le prometto, che ne riparleremo. Perchè anche questa è una storia che va raccontata.
Le sono grato per avermi dato la possibilità di saperne di più. E sono certo che i nostri lettori apprezzeranno le sue doverose precisazioni che arricchiscono (rendendo in parte giustizia ad un periodo storico) una storia che, comunque, ha visto – purtroppo per lungo tempo – il manicomio di Volterra “tristemente famoso”.
Esistono, poi, persone come suo padre, e come tanti altri, che invertono la storia.
Ed è anche in omaggio a loro che raccontiamo le nostre storie, che per quanto incomplete, imperfette, dettate dall’emotività, hanno tutte la stessa finalità: non far dimenticare.
Con stima,
Antonio Amendola
Presidente S4C
[…] online exhibition on the mental hospital of Volterra. There’s an English version, too. Imprimer ce billet […]
Stefano ciao,
sì certo vedo volentieri le foto
Nicola
Carissimo Nicola,
complimenti vivissimi per il reportage. Splendido il bianco e nero. Conosco bene, lavoro comune, il manicomio di Volterra e non solo. Ho una curiosità però. Nel sito di Repubblica le tue foto vengono presentate come relative ai graffiti realizzati dai pazienti, mentre, come tu saprai, quelli da te impressi e pubblicati nella loro galleria sono molto più recenti, frutto dell’opera di graffitari o in alcuni casi (es. le scritte solitudine, pazzia, rabbia,ecc.) realizzati ad hoc ( e mi sale una rabbia!) per set di videoclip. Vorrei sapere a questo punto se quella presentazione è frutto di un redattore del giornale o cos’altro. Grazie mille.
Michele
Sento come un dovere civico postare un mio commento sulla vicenda dell’Ospedale psichiatrico di Volterra; del quale non so praticamente nulla, oltre a ciò che molti conoscono, ma del quale vorrei sapere di più. Doveroso il mio intervento per l’amicizia fraterna che mi lega a Nicola, il fotografo che si è esposto in questa polemica; una polemica non sterile, badate bene, ma che non merita di essere strumentalizzata. E dico questo per rispetto dei “martiri” che, come fantasmi senza tempo, hanno popolato quei luoghi negli ultimi 100 anni, e per rispetto dei medici e infermieri che – compreso sicuramente il dott. Pellicanò del quale nulla so, oltre al fatto che ha pubblicato la Corrispondenza negata, e ha diretto l’Ospedale molti anni fa, in concomitanza pare con il dott. Pacchiani, il quale però è rimasto forse coinvolto in maniera eccessiva. E in ultima analisi, meritano rispetto anche i malati di mente che ancora oggi affollano le strutture sanitarie, compreso mio fratello Enrico, che fin da tenera età ha convissuto con esseri dilaniati e deformi, sprofondando sempre più nell’angoscia della malattia e della depressione. Insomma, sarò breve e conciso, e vorrei spezzare varie lance per tutti coloro che hanno ragione, per quelli che hanno sofferto e che si sono annientati per favorire il recupero di questi reietti della società, e per coloro che, a distanza di anni, hanno ancora la capacità di indignarsi per un mondo sommerso che sembra ormai scomparso (ma che non lo è affatto), in una società che non si sorprende più di niente. Ma dobbiamo invece condannare coloro che hanno sfruttato queste persone come cavie umane, trattandole peggio delle bestie, e coloro che ancora lo fanno, magari per mettere a tacere il dissenso nel buio di una cella.
Gli archivi. Dobbiamo interrogare gli archivi, solo lì può trovarsi una risposta. Riordiniamo gli archivi dei manicomi, e interroghiamoli con intelligenza e senza pregiudizi. Questa è secondo me la strada da seguire, tutto il resto è propaganda. Parola di archivista.
Buongiorno!
dove posso trovare il libro “Corrispondenza negata. Epistolario della nave dei folli“(1889-1974).
Qualcuno sa indicarmi dove..o come ordinarlo.
Grazie.
Alessia ciao,
non è facile da trovare, prova a metterti in contatto con l’archivista Daniele Cianchi: dcianchi at tiscali.it
Queste foto mi hanno emozionata moltissimo. Grazie.
Salve a Tutti,
Ho visitato recentemente il manicomio di Volterra e sono rimasta molto impressionata al punto che vorrei approfondire il tutto, facendo delle ricerche e cercando immagini dell’ospedale quando era in attivita’… ho ordinato “corrispondenza negata” e vi diro’ che è molto toccante…. qualcuno saprebbe indicarmi se esiste un volume con delle fotografie dell’ospedale prima del 1978 ???
grazie molte
carla
Per ALESSIA :
io l’ho ordinato presso Hoepli:
http://www.hoepli.it/cerca/libri.aspx?ty=1&query=corrispondenza+negata&arg=0100000000
in 3 gg ti arriva !!!
Piuttosto meglio limitarsi a proporre le foto e tralasciare di inventarsi un testo .