Life in a refugee shelter in Rome

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Questo è in puro stile S4C.

Un profugo iracheno a Roma, un fotografo nella vita “precedente”, che chiede di frequentare il gruppo dei fotografi volontari di S4C per sentire, ancora una volta, di appartenere ad un gruppo e per aggrapparsi a brandelli di una vita passata.
Ali B. (nome di fantasia) ha lasciato il suo paese per sempre, con la sua macchina fotografica e un paio di obiettivi. E’ arrivato da poco a Roma e vive in un centro di accoglienza per rifugiati alla periferia della città.

Ci siamo incontrati pochi giorni fa e si è offerto volontario per raccontare storie di altri rifugiati e cosa significa vivere in un centro di accoglienza. La maggior parte dei centri per rifugiati  sono quasi inaccessibili ai fotografi e giornalisti per questioni di privacy e, talvolta, perché le condizioni non sono realmente quello che ci si aspetta di trovare in una metropoli moderna …

Di tanto in tanto, grazie alla macchina fotografica di  Ali, ci faremo raccontare storie di persone in cerca di una vita migliore e alle prese con le difficoltà della vita quotidiana.

Cercheremo di raccontare le loro storie, sia positive che negative, per sensibilizzare su questi  soggetti deboli nella loro ricerca di integrazione e di inclusione.

Ali ci ha appena inviato alcuni scatti relativi ad un compagno di stanza nel centro di accoglienza. Non sappiamo il suo nome, ma sappiamo che è arrivato 3 anni fa dal Ghana, lasciandosi dietro una famiglia di quattro persone (moglie e tre figli). E’ venuto per trovare  una vita migliore per sé e per la sua famiglia, sperando di ricongiungersi qui con loro.

Dopo tre anni, non ce l’ha ancora fatta e vive ancora nel centro. Nessun lavoro, nessuna vita sociale, la sua famiglia a pezzi;  la moglie chiesto il divorzio convinta che lui le abbia mentito. Pensa che, alla fine, abbia trovato una vita migliore e si sia dimenticato di loro…

Quando si entra nel loop, è difficile romperlo. E quindi ora, passa la sua giornata cercando di andare avanti  in qualche modo, vagando per la città, mangiando in altri centri, e trovando i vestiti alla Caritas.

E ‘una delle mille persone che regolarmente ignorariamo.

Antonio

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This is pure S4C.

An Iraqi refugee in Rome, a photographer in the “previous” life, asking to join the network to feel again like belonging to something and grasping part of the past life.

Ali B. left his country for good, with his camera and a couple of lenses. He just arrived in Rome and he lives in a refugee shelter in the outskirts of town.

We met a few days ago. He volunteered to tell stories of other refugees and what is like living in a shelter. Most of the refugee shelters are almost inaccessible to photographers and journalist for privacy issues and, sometimes, because conditions are not really what you expect to find in a modern day metropolis…

Every now and then, thanks to Ali B. camera, we’ll tell stories of individuals seeking a better life here and struggling  with the daily life difficulties. Homeless and refugee shelters offer a fantastic service to them. We’ll try to tell both positive and negative stories. For the sake of raising awareness on weak individuals in their quest of integration and inclusione.

We’ve just received a few shots of Ali B. to a roommate in the shelter. We don’t know his name but we know he’s from Ghana. He arrived in Rome 3 years ago, leaving back a family of four (wife and three kids). He was lookg for a better life for himself and for his family, hoping they could join him soon here in Italy.

After three years, he did not manage it and he’s still living in the shelter. No job, no social life, his family in pieces, his wife asking the divorce based on the convinction he lied to her. She thinks he found a better life and forgot them back home…

When you enter the loop, it’s hard to break it. He spend his day trying to manage it somehow, wandering around town, eating in other shelters, getting clothes in charities.

He’s one of the thousand people we regularly ignore.

Antonio




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