Liberi Nantes con un iPhone – considerazioni su dove stiamo andando

[english excerpt: the background is a day in the life of Team Liberi Nantes, the refugees soccer team that S4C have been following for quite a long time now. Yesterday, it was an excuse to experiment iPhone and Hipstamatic sw as a tool for a reportage. What follows are personal consideration following the reading of a nice article on NY times blog, Lens, on the matter]

Mi schiero. Con i Liberi Nantes e con la nuova fotografia (Antonio Amendola)

– tutte le foto sono state scattate con un iPhone e con il sw Hipstamatic  [cliccare qui per la gallery completa]

Ieri i Liberi Nantes hanno giocato una partita ufficiale del loro Campionato, contro la squadra dell’Università Luiss. Il risultato non è importante (ok, hanno perso, ma non importa) anche perchè le condizioni disastrate del loro “nuovo” campo (il XXV aprile) non consentono di allenarsi…

La giornata dei LN era cominciata bene e con una novità: l’arrivo della prima lavatrice! Finalmente potranno accelerare le fasi di lavaggio delle uniformi e della biancheria. Un’innovazione normalmente banale ma che per i LN rappresenta una vera svolta.

Arrivati al campo che avrebbe ospitato la partita ho deciso di sperimentare e lasciare la macchina fotografica in panchina. Ho usato solo un iPhone.

Il risultato è stato interessante e, probabilmente, riuscito.

Caso vuole che proprio ieri (al rientro dalla partita) diverse persone mi abbiano segnalato un bellissimo articolo sul blog fotografico del NY Times proprio sull’evoluzione del reportage fotografico e l’impatto causato dagli smartphone e software tipo Hisptamatic (Damon Winter ha vinto un premio proprio così).

(photo: Antonio Amendola/S4C - cliccare per la gallery)

Prevedibilmente, il mondo dei fotografi (ma non solo) – già caratterizzato da una fortissima tendenza alla perfetta bipolarizzazione manichea (analogico/digitale, nikon/canon, colore/bianco e nero) – è in fermento.

Le domande sono quelle poste correttamente dall’articolo in questione (e che vi invito a leggere attentamente e conservare; se ne riparlerà sempre di più): un servizio realizzato con l’iPhone è un vero reportage? Un software di editing automatico toglie spontaneità e creatività al “fotografo”? E’ vera fotografia?

(photo: Antonio Amendola/S4C cliccare per la gallery)

(photo: Antonio Amendola/S4C cliccare per la gallery)

Per certi versi io sono un geek, lo ammetto. Amo le evoluzioni della tecnica e tutti i gadget moderni (e vivo, di fatto, online). Per altri sono molto attaccato alla fotografia tradizionale (scatto tanto con una vecchia F2 ed una magnifica Rolleiflex).

Due mondi apparentemente inconciliabili ma che, secondo me, trovano oggi la loro squisita sintesi. Pertanto mi schiero. In favore dell’iphone (ma non è un endorsement di marca! uno vale l’altro) e delle nuove forme di reportage.

(photo: Antonio Amendola/S4C cliccare per la gallery)

(photo: Antonio Amendola/S4C cliccare per la gallery)

Paradossalmente, se è vero che l’uso di sw automatici (o apparentemente tali, perchè poi si tratta di capire BENE come funzionano e come sfruttarli al meglio in ogni condizione di luce) danno risultati simili in tutto e per tutto a quanto esce da una buona Rolleiflex o Hasselblad senza muovere un dito…..dall’altro si supera la bulimia di scatto, visto che questi programmi fanno trascorrere anche 10-15 secondi di tempo tra uno scatto e l’altro.

Cosa che neanche le reflex a pellicola fanno. Ma che costringe il fotografo (si, il fotografo, ecco che mi schiero nuovamente) a riflettere velocemente prima di pensare e scegliere con cura il momento esatto dello scatto. Quel momento, quell’attimo, quella luce non saranno gli stessi dopo 10 secondi. Non ci sono seconde chance date da una raffica di scatti in sequenza….

(photo: Antonio Amendola/S4C cliccare per la gallery)

(photo: Antonio Amendola/S4C cliccare per la gallery)

Ed ecco che la sintesi è compiuta: la magia della camera oscura digitale, la miniaturizzazione dei mezzi (che facilita la penetrazione di certi ambienti e certe situazioni, ridando spontaneità anche ai soggetti ritratti) e la scelta del momento magico del CLICK.

Si, perchè si torna – finalmente – a trattenere il respiro prima del fatidico momento; si torna ad inspirare il fiato e la luce…rilasciando la propria creatività nel magico click.

Forse sono un geek romantico, ma sono convinto che è un bel momento per la fotografia.

E, in fondo, si tratta sempre di raccontare storie. In una nuova lingua.

Antonio Amendola

(photo: Antonio Amendola/S4C cliccare per la gallery)




There are 14 comments

Add yours
  1. Stefano Pesarelli

    ntanto complimenti perché il risultato è stato davvero interessante.
    L’argomento inoltre è davvero ampio e attuale. Leggo molto sui blog sulla fotografia con iPhone e molti si schierano “contro” non ritenendo le fotografie uscite da uno smartphone degne di essere elevate a “fotografie”.
    Se è vero che non esiste un unico modo di fare reportage, ma infiniti modi di raccontare storie, mi chiedo se è importante il mezzo con cui queste storie riescono a emozionare.
    Non comprendo perché bisogna sempre stare a specificare, quando si scatta con un telefonino, che le foto sono scattate con un iPhone o con un Nokia, quasi a giustificarsi.
    Non ho mai visto dover specificare se una fotografia era stata fatta con Nikon, Canon o Pentax, se un reportage era interamente scattato con Leica su cavalletto.
    Sono assolutamente convinto che non è importante il mezzo, ma la storia.

  2. Giorgio

    parto dicendo subito che trovo assurdo il continuo “schierarsi contro”, a prescindere dall’argomento pare sia diventato uno sport nazionale molto praticato.

    trovo il tuo reportage un buon lavoro, sentito, schietto, sincero… che tu lo abbia eseguito con l’iphone o con una D3 (e poi lavorato con un qualsiasi software adatto allo scopo) il risultato è qui da vedere: racconta. Certamente dal tuo punto di vista (il reportage è anche questo), ma racconta, ed è ciò di cui abbiamo bisogno.

  3. Antonella Bucci

    complimenti per le belle immagini: rendono l’atmosfera del luogo, delle persone che lo animano. Non credo che il mezzo fotografico sia importante in se. Credo che sia fondamentale l’alchimia che si crea tra il fotografo, la storia che racconta attraverso le immagini ed il mezzo che sceglie per farlo. E’ questo che facciamo quando scattiamo una fotografia: cerchiamo di rendere l’immagine al meglio. Oggi abbiamo moltissimi mezzi a disposizione, talmente tanti da consentire anche a volte di creare delle realtà parallele con immagini molto distanti da ciò che abbiamo sotto gli occhi. Ma la nostra consapevolezza resta fondamentale. Per questo è importante rimanere aggiornati sulle tecniche, parlarne, comprendere i pro e i contro di ciascuna.

  4. Angela Vicino

    Io non credo che ci siano azioni, postproduzioni, “taroccature” legittime e non legittime nella comunicazione attraverso lo strumento audiovisivo.
    Dipende da quello che si racconta, da come lo si interpreta e dalla sensibilità del narratore.
    Per questo ben venga tutto: hipstamatic, HDR, niente, dogma 5, photoshop e chi più ne ha più ne metta.

  5. Roberto Arleo

    Non mi interessa come si arriva a un risultato. In generale credo che con i mezzi buoni sia più facile avere risultati eccellenti, ma ognuno è libero di usare quello che ha a disposizione o quello che preferisce. non mi piace valutare il risultato o quello che si vuole raccontare passando dagli strumenti.
    Sono d’accordo con Stefano, quando dice di non aver mai dovuto specificare quale strumenti ha usato per i propri lavori. Di post produzione se ne faceva anche quando il digitale non esisteva e si svolgeva in camera oscura.

    Perchè hai scattato quasi tutte le foto dalle spalle del portiere?

  6. Antonio Amendola/S4C

    grazie a tutti per queste ottime considerazioni. Devo dire che siamo tutti d’accordo sulla prevalenza della storia sul mezzo. In effetti noi lo diamo per scontato, ma per molti non è così.

    E comunque, quello che sta accadendo, queste dinamiche di stravolgimento del reportage fotografico, è un processo inevitabile e probabilmente irreversibile.

    Non si può promuovere la partecipazione sociale, i social network, il citizen journalism etc etc e poi negare validità – e dignità – a tutto ciò che ne consegue.

    Roberto, ogni volta che visito i Liberi Nantes, mi metto sempre dietro Mamadou. Si chiacchiera e si ride :-)

    Era un esperimento, non ho neanche fatto in tempo a selezionarle tutte. In effetti sono troppe…

    Antonio

  7. Marco

    Trovo questa una buona sintesi, fatta da una persona che, come ben si racconta, vive la fotografia a cavallo tra due mondi apparentemente lontani, anche in conflitto.

    Io credo che un fotografo, oggi, DEVE necessariamente stare al passo con l’evoluzione tecnologica, non diventare un technomane certo, ma prendere sempre in considerazione la possibilità di utilizzare mezzi diversi, e perché non un iphone, ecc. Così anche per la post-produzione.

    E’ vero che ciò che conta è il risultato finale ma il mezzo fa la differenza eccome: 1) cambia il modo di fare fotografia, 2) cambia il gusto e la cultura dell’imagine nel pubblico.

    Lo sgomento che immagino molti di noi provano sta nel dover spesso fare “retroguardia”, talvolta sposare il nuovo, il tutto però resta alquanto alla discrezione dei singoli, forse è questo che affascina e spaventa al contempo.

    Faccio un esempio personale: odio l’HDR, non c’è niente di sbagliato in sé, ma rappresenta un modo di fare fotografia di paesaggio che ha svilito momenti importanti sul campo, come scegliere la luce giusta, usare filtri degradanti, ecc. Eppure è sempre stato il sogno di tutti i fotografi espandere la gamma dinamica della pellicola, arrivare a quello che l’occhio umano percepisce, oggi che è tecnicamente alla portata di tutti…e proprio tutti direi, soprattutto di non fotografi…è diventato un espediente che toglie valore alle immagini, per converso oggi le fotografie di retroguardia appaiono più vere. Ansel Adams rimane insuperato…e ci mancherebbe, ma solo per la vecchia scuola, il gusto del pubblico si è adattato, allora che fare? Personalmente mi “impongo” di fare un solo scatto e poi con un’attenta lavorazione di sviluppo del negativo arrivo a qualcosa di molto simile all’hdr, ma che ai miei occhi mantiene una maggiore veridicità. Eppure questo avviene grazie a Photoshop, alla camera chiara, insomma ciò che 10 anni fa era un’incredibile novità e oggi la prassi…d’altronde anche le fotocamere reflex più economiche oggi già ottimizzano l’esposizione…praticametne schiariscono le ombre, fanno un piccolo hdr, ai miei allievi dico di escludere la funzione, che è un ritocco non necessario, oltretutto falsa la percezione di ciò che avviene durante l’acquisizione della luce, ma falso perché? Il digitale ormai rende impossibile distinguere tra acquisizione cruda del sensore e file ottimizzato, anche i RAW vengono ottimizzati senza che noi lo sappiamo, a ogni generazione di fotocamere questi interventi nascosti aumentano…un giorno una fotocamera con latitudine di posa di 15-16 EV sarà la norma, come ci riesca non importa, come comportarsi?

    Mi sono dilungato troppo, il senso è che se, da un punto di vista tecnico, le innovazioni del ‘900 si misuravano in decenni, oggi si misurano in anni e a questo tocca adattarsi di volta in volta, tuttavia ho come l’impressione che siamo arrivati al limite, del compatto, del rimpicciolito, dell’automatico, insomma che differenza fa ormai scattare con un iphone o una fotocamere ultracompatta che magari sforna pure file raw.

    Ogni mezzo ha il suo senso e i suoi vantaggi/svantaggi, è interessante leggere ciò che raccontano molti grandi fotografi attuali, che hanno un approccio molto laico al mezzo, fotografi di guerra che usano ammiraglie o compattine a seconda della circostanza…significa fare affidamenteo sulla propria capacità di essere e vedere, non sullo strumento, vecchio motto di Capiana memoria lo so ma quanto è vero, quanto soprattutto oggi!

    p.s. belle le foto Antonio! 😉

  8. andrea polzoni

    cavolo Antonio mi metti in crisi..
    mi chiedo se io che non so neanche cosa sia un sw hipstamatic
    e che non sento il bisogno di avere una macchina digitale
    ecco cavolo sarò un fotografo anche io???
    sarà possibile non esser interessati al dibattito ormai trito analogico-digitale..?
    spero di si..
    il b-n del telefono mi piace
    anche il formato quadratoavrei ridotto l’editing ma con questo tipo di contesto che se non erro è amicale la cosa è piuttosto ininfluente..
    comunque non so se stanotte riuscirò a prender sonno pensando a sto software.. 😉
    un saluto!!

  9. Antonio/S4C

    E’ il post più commentato, bene! Vuol dire che abbiamo colto nel segno!

    Andrea: se non dormi, sono certo che esista un’app che fa al caso tuo! .-)

    Marco: sono d’accordo con te. d’altro canto, in camera oscura si faceva anche, a volte, di peggio…..

  10. Nicoletta

    Penso anch’io che si tratta solo di mezzi diversi, da usare in situazioni diverse o anche semplicemente secondo sensibilita’ diverse, comunque ugualmente validi.

    Dopotutto, se fosse il mezzo a determinare il risultato, quale sarebbe il ruolo del fotografo?

  11. Luciano Simonelli

    Certo, a vedere delle foto così viene voglia di lasciare a casa la D700 e usare il fotofonino… Ma in realtà ad una analisi più approfondita credo che usando un iphone occorra molta più perizia e creatività che usando la fotocamera per fare dei reportages di buona qualità. Il mezzo non è tutto, ma quando il mezzo impone dei limiti, è il fotografo che deve essere molto bravo a sfruttarlo al meglio.
    Credo che il ruolo del fotografo sia necessariamente preminente, con tutti gli skills e la cultura fotografica necessaria. Altrimenti si corre il rischio di diventare, citando Winter, dei fotocopiatori umani, mentre ciò che si chiede ad un fotografo è sempre di esprimere il suo punto di vista. Qualunque sia il mezzo con cui lo si esprima.

  12. Vittore

    Buffe discussioni,
    Si tratta di raccontare storie, il punto è se si è capaci di affabulare o no.
    Riguardo all’obiettività ci sarebbe molto da dire amo però citare una frase di Eugene Smith nell’introduzione di Minamata: “This is not an objective book…”
    Per quanto riguarda le macchine fotografiche: “La migliore macchina fotografica è quella che hai in mano quando ti serve” (Chase Jarvis mi pare)
    Un’ altra rilfessione sul mezzo: “Dico sempre: o sei definito dal medium (mezzo) o ridefinisci il mezzo in base alle tue esigenze.” (Duane Michals)


Post a new comment

19 + 1 =