inSicurezza

Tanto sta succedendo nel Mediterraneo, e TANTO andrebbe detto.

Alcuni confini esplodono, altri vengono sbarrati.

A Milano Roger Waters ripropone The WALL dopo 30 anni. In Europa ne costruiamo di nuove.

Cancelli di vecchi “campi di concentramento” in Libia si aprono. Altri, a Manduria, vengono scavalcati.

TANTI S4Cers in giro per l’Italia si stanno dando da fare per raccontare quello che sta succedendo nei centri di accoglienza (i cui acronimi sono tanto fantasiosi quanto inutili).

Oggi tocca a Manduria (con Danilo Dom Calogiuri, Gianfranco Rotondo e Alessandro Abrusci) e Campochiaro (in provincia di Campobasso. Sapevate che ci sono centri di accoglienza anche lì?) con Bruna Vocaturo, Maurizio Ioia, Lello Muzio).

Alcuni sono professionisti, altri no. Ad alcuni abbiamo chiesto di andare; altri ci sono andati da soli ed hanno chiesto di far sapere

Bello così

AA

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inSICUREZZA

Manduria (Taranto)

(testo: Danilo Dom CAlogiuri, foto: Danilo Dom Calogiuri, Gianfranco Rotondo, Alessandro Abrusci)

La storia di migliaia di profughi in fuga per la libertà finiti in balia di uno stato incapace di gestire una tale emergenza.

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I primi giorni a Manduria si respirava un’aria pesante, carica di tensione; i vigili del fuoco provati dal lavoro di costruzione della tendopoli, i poliziotti che ormai non riuscivano più a controllare i clandestini che scappavano da tutte le parti e che con i pullman continuavano ad arrivare a migliaia!

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Sulla strada che collega Manduria ad Oria si notano degli strani movimenti, le macchine si fermano e velocemente regalano ai giovani clandestini delle buste contenenti scarpe e vestiti, ma anche cibo, e poi scappano via; nessuno sa bene come comportarsi, ma per strada sono migliaia, e il buon cuore della gente del sud prevale ancora una volta.

Questa situazione va avanti così per un po’ di giorni, i clandestini continuano a scappare, e chiedendo aiuto in giro cercano di raggiungere la stazione più vicina, la maggior parte sono diretti in Francia, molti altri vorrebbero rimanere in Italia e si dirigono verso il nord.

La situazione è complicata. Cambia tutto quando i politici decidono di concedere dei permessi provvisori, allora la tensione inizia ad allentarsi, ormai ai profughi non interessa più scappare, non esiste più la paura di esser rimpatriati. Cambia anche l’atmosfera intorno alla tendopoli, tantissimi ragazzi si radunano nella campagna di fronte portando da mangiare e strumenti musicali: quella che prima era una situazione difficile ora si è quasi trasformata in una festa. Un fuoco acceso, una birra, si fa amicizia!

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Manduria però non rappresenta l’Italia intera, per loro ora arriverà il difficile, hanno già avuto a che fare con la disorganizzazione politica, adesso dovranno confrontarsi con il razzismo e il lavoro sottopagato.

Danilo Dom Calogiuri

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Campo profughi di Campochiaro (Campobasso)

(testo: Bruna Vocaturo, foto: Bruna Vocaturo, Maurizio  Ioia, Lello  Muzio)

Parlano un italiano appena accennato, sono tutti giovanissimi, tra loro anche quattro minori affidati ad una casa famiglia di Campobasso. Sono circa 200 gli uomini provenienti dalla Tunisia, sbarcati a Lampedusa e portati nel campo di accoglienza a Campochiaro in provincia di Campobasso. Il campo è in una zona piena di verde, al nostro arrivo sabato 9 aprile, giorno in cui finalmente riusciamo a varcare il cancello per entrare a raccogliere testimonianze fotografiche, dopo aver tentato per i precedenti quattro giorni, la situazione che ci si chiarisce è la seguente.

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il campo era stato allestito con due prime tensostrutture della protezione civile dove i 200 ragazzi hanno dormito una notte. Sono giunti in Molise alle tre del mattino del giorno 5 di aprile, il campo era piuttosto ben visibile da una stradina secondaria, sterrata, divisa dal campo da un po’ di filo di ferro, qualche vecchio paletto di legno e molta erba alta, selvatica.

Al pomeriggio del 6 aprile siamo tornati per ripetere qualche foto e cercare di parlare con qualcuno di questi ragazzi, chiedere se stavano bene, potergli fare qualche domanda. Ma alle ore 17.00 erano stati già spostati in un’altra zona del campo, costruita con recinzioni più alte, tende blu, servizi igienici. Peccato che questa parte del campo è assolutamente inaccessibile da qualsiasi lato, infatti noi per riuscire a scattare qualche foto del nuovo campo abbiamo dovuto costeggiare tutta l’area, camminare per circa 300 metri nell’erba alta per poter essere ad una distanza di sei, forse settecento metri,  impossibile da accorciare per via di un corso d’acqua piuttosto largo  e di altra erba incolta, alta.

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Pertanto al giorno 6 di aprile a neanche ventiquattro ore dal loro arrivo nessuno poteva avvicinare alcuno di questi giovani migranti, nessuno poteva far loro domanda alcuna. Fotografia che testimoniasse il loro stato dentro il campo.

Il 9 di aprile partecipiamo ad un presidio indetto da associazioni che chiedono da liberi cittadini di poter incontrare altri liberi cittadini per poter dare loro il benvenuto nella nostra terra e per cercare di ascoltare la voce di un popolo che versa in uno stato di indigenza. C’è stata un po’ di confusione tra l’entrata di giornalisti non accreditati e quelli accreditati, noi riusciamo ad entrare grazie all’impegno dell’incaricata Prefettizia e alla gentilezza di un Comandante di Stazione del Corpo forestale dello Stato che ha capito che il nostro reportage era solo per testimoniare lo stato di buona salute e di buona accoglienza dei ragazzi tunisini. Ci fanno entrare scortati da un agente di polizia, ne incontriamo tantissimi altri lungo il percorso obbligato che dobbiamo camminare per raggiungere le tende. Qui ci accolgono alcuni poliziotti in borghese, il funzionario della Prefettura ed il responsabile del campo di Connecting People, l’associazione che a livello nazionale gestisce i campi di identificazione ed espulsione per conto del Ministero degli Interni.
Il campo è scandito da orari ben precisi, ci comunica il funzionario: «la mattina dopo aver fatto colazione, aspettiamo quelli che pregano, dopo di che si fanno 2 ore di lezioni di italiano, durante le quali i mediatori di Cottecting People cercano di insegnare loro almeno le frasi più comuni, per chiedere informazioni, per prendere un mezzo pubblico, cose di questo tipo». Poi pranzano e dopo aver riposato iniziano le visite mediche e lo svago.

Così, trascorrono le giornate senza poter uscire dal campo neanche per andare a comprare le sigarette, giocano a pallone, pregano. Intanto si è in attesa di altri 150 migranti che dovranno arrivare nei prossimi giorni, qui nella tendopoli di Campochiaro.

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