Fotografo! Vieni qui! guarda!

Puliamo il Sangone 2010

(testo e foto di Fabio Sirna)

Punto presto la sveglia.

È sabato mattina e devo ancora preparare lo zaino. Il punto di incontro è vicino al ponte del Sangone. Quello più recente, che collega direttamente Nichelino a Torino.
Erano gli anni novanta, ed io quel ponte l’ho visto costruire. Prima non c’era. Mentre parcheggio di fronte alla casa dove abitano ancora mamma e papà, penso davvero di essere invecchiato.

Gaia starà dormendo ancora nel suo lettino.
Sono ancora più convinto di avere scelto, insieme a Laura, questo nome: Gaia. È il nome del nostro pianeta. E lo considero un essere vivente.

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A piedi mi avvicino al luogo dell’appuntamento. L’odore di umido del fiume Sangone è sempre più presente.
Da lontano vedo i due gazebo e la bandiera gialla di Legambiente, e molte persone attendono pazientemente in coda.
Incrocio la strada con un membro della protezione civile di Nichelino.
Mi vengono in mente i giorni dell’alluvione di qualche anno fa e l’immenso lavoro fatto da queste persone.
C’è anche la Croce Rossa.
E poi anche alcuni ex-Alpini, guardie ecologiche volontarie della Provincia di Torino, gente comune, alcuni membri dell’associazione Animo.
Intuisco anche la presenza di alcuni assessori del comune di Nichelino. Non mi importa da che parte stanno: si rimboccano le maniche come tutti quelli che sono già sull’argine ad aspettare l’inizio di questa giornata per pulire il mondo.
Mentre aspettiamo gli ultimi arrivati, avviso che sono li per scattare delle fotografie. Per un attimo mi sento fuori dal gruppo: non ho la tuta e nemmeno i guanti. Inizio a chiacchierare con alcuni volontari e da lontano vedo la casa in cui ho passato la mia adolescenza.

“Si. Sono davvero invecchiato” – penso mentre cammino insieme al gruppo di volontari verso la base del ponte. Alla mia sinistra vedo spuntare una discarica di rifiuti a ridosso di alcune strutture abusive.

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Di fronte a me si prospetta una lunga mattinata.
I volontari si dividono. I vari gruppi si muovono in direzioni diverse in un coordinamento alquanto inaspettato. Nel giro di mezzora si accumulano rifiuti su rifuti: materassi, tappeti, cessi, mobili. Incredibile quanta immondizia ci sia. Non ci credo.

“Chissà come ci è arrivato li quel tappeto” – penso tra me e me quando una voce mi chiama. “Fotografo! Vieni qui“. Mi chiede di scattare delle fotografie alla zona circostante per un progetto che insieme alla sua associazione sta portando avanti. È pensionato e mi racconta il modo in cui il fiume porta a riva i rifiuti e delle sue idee per pulire le sponde dei fiumi in modo ecologico, usando la forza di alcuni animali – “Come ai vecchi tempi!”.

Due volontari in tuta bianca disseppeliscono strati e strati di cartone e tappeti. Sembrano non finire più. Ho smesso di contarli, e ritorno attraversando le arcate del ponte al punto di raccolta dei rifuti.

Attendiamo il cassone che i vigili del fuoco caleranno dal ponte per portare, i rifiuti raccolti, nel più vicino ecocentro.

Alcuni vigili del fuoco usano le scale per salire fra le travi del ponte. In mezzo, decine e decine di materassi, coperte, tappeti e vestiti.

Capisco che li vive qualcuno. Probabilmente immigrati irregolari in cerca di un posto per dormire. Smetto di fotografare. Il rispetto della dignità di un uomo è molto più importante di una fotografia.

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Un uomo in tuta blu e con la barba lunga, urla in un italiano mal parlato, che lui non fa del male a nessuno a vivere li. Chiede di poter vivere li come se qualcuno dei presenti avesse l’autorizzazione per farlo.

Butta giù dal suo “alloggio” le cose che non servono e la squadra di volontari riprende ad accumulare ogni tipo di rifiuto.

Mi chiamano per fotografare un cumulo di sirighe usate. E poi rifuti pericolosi: batterie, bombole del gas, tubi catodici.

Scambio qualche parola con i volontari. Ognuno ha una storia da raccontare o qualche oggetto recuperato da farmi vedere.

Arriva il cassone. È grande, ma il cumulo di rifiuti accumulati a spanne mi sembra enorme in confronto.

Sulla stradina che passa sotto il ponte vedo Sabrina, che durante le prime ore della mattina si è occupata della parte burocratica per assicurarsi che tutti i presenti le lasciassero i dati necessari a partecipare all’iniziativa.

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“Servono per l’assicurazione” – mi spiega. Guardiamo insieme i vigili del fuoco assicurare il cassone nel modo più sicuro possibile.
Sabrina mi racconta che l’anno scorso avevano raccolto meno rifiuti. Il tono della voce mi mette tristezza. Percepisco un senso di impotenza, quasi a pensare che quello che aveva fatto l’anno scorso non fosse servito a nulla.

Nel frattempo una fila di persone passa e carica – di mano in mano – i rifiuti sul cassone che verrà portato nell’ecocentro più vicino.

Mi affretto a scattare qualche foto del sito ripulito che mi servirà per fare il confronto prima-dopo. Alcuni volontari sono impolverati. Le tute ed i guanti che prima erano bianchi adesso sono anneriti. Ma sorridono e sono soddisfatti del loro lavoro.

Alcuni gruppi mi chiedono una foto ricordo. Odio scattarle.
Ma è davvero il minimo che posso fare in segno di ringraziamento.

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RItorniamo ai gazebo dove ci attende un piccolo rinfresco offerto dal Comune di Nichelino.

Non ho appetito. Penso a questa mattina ed a quello che non ho voluto fotografare.

Continuo a scattare qualche ritratto. Una signora dagli occhi verdissimi mi dice che devo smetterla di fotograre. Le porgo la mia fotocamera e lei mi scatta una fotografia. La ringrazio.

Di solito nessuno fotografa il fotografo.

Mentre torno a casa a salutare i miei genitori, penso di aver fatto male i compiti: non ho preso nota dei nomi di queste persone. Ognuno di noi dovrebbe ringraziarli uno ad uno. Dalla memoria affiorano Sabrina, Enrica, Gabriele, Carlo, Christian, Fabio e in un attimo mi viene voglia di abbracciarli uno ad uno.

Guardo la foto che mi ha scattato la signora dagli occhi verdissimi.
Ho i capelli e la barba di una settimana. Alle mie spalle la casa di mamma e papà. Il cielo è bianco e lattiginoso. Ho gli occhi semichiusi e si vedono le zampe di gallina.

Cazzo se sono invecchiato.

Fabio Sirna

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N.d.R. E’ solo una coincidenza che proprio oggi si parli di Alpini in questo articolo. Ma è un’occasione per esprimere il cordoglio di Shoot4Change e di tutti i nostri fotografi ed amici, per la morte dei quattro alpini uccisi in Afghanistan (AA)

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