Arance amare / Bitter Oranges

[english below]

Per ricordare i fatti di Rosarno di un anno fa (leggi qui il precedente articolo), oggi a Roma decine di persone appartenenti a diverse associazioni si sono ritrovate in molti punti della città, ovunque ci fossero alberi di agrumi, per una raccolta simbolica di frutti.

Lungo le strade, nelle piazze, nei parchi cittadini, ma anche nei cortili condominiali sono state colte arance, limoni e perfino pompelmi tutti poi trasportati nel CSOA “Ex Snia Viscosa” per essere trasformati in marmellata, frutta candita e succhi.

S4C era presente ed ha seguito l’iniziativa accompagnando un gruppo di “raccoglitori” molto particolare: si tratta dei rifugiati somali che da molto tempo occupano l’edificio abbandonato dell’ex ambasciata del loro paese (leggi qui l’articolo relativo). 

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È stato così che una giornata, dedicata ai lavoratori africani di Rosarno, è trascorsa raccogliendo frutta nei posti più impensati della città ed ascoltando le tante storie di queste persone, per un certo verso tutte simili, per poi andare tutti insieme a preparare la marmellata: Abdi è un ex giornalista di 28 anni della radio di Mogadiscio e tifa Lazio, Mahamud ha 41 anni ed è elettricista ma anche meccanico, ci ha spiegato che nella sua lingua i componenti del motore sono quasi sempre indicati con parole italiane, Yasin ha 37 anni, a Mogadiscio faceva il farmacista e la sua squadra è la Juve, Hassan ha 23 anni, in Somalia aveva un negozio di cellulari, mentre Ibrahim di anni ne ha 28, faceva il gommista e qui in Italia ha trovato l’amore, si è sposato con una connazionale ed ha due bambini, ma sono stati tutti separati dai servizi sociali. A loro piacciono gli italiani e dicono di trovarsi bene a Roma.

 

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Tutti sono fuggiti dalla guerra civile, dalla violenza, dall’anarchia e sono arrivati in Italia, approdando a Lampedusa con il gommone dopo un lunghissimo viaggio via terra che li ha visti attraversare Eritrea e Sudan oppure Uganda e Kenya, per poi giungere in Libia e da là partire, prima dei famigerati “respingimenti”, per la traversata della speranza.

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Oggi Abdi, Mahamud, Hassan ed i loro connazionali chiedono soltanto il diritto ad una vita dignitosa, ad una casa e ad un lavoro; i loro passaporti ed i permessi di soggiorno sono in regola, ma nessuno li ascolta, sono invisibili.

Angela Vicino e Giulia Leporatti/S4C

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Bitter Oranges (Rome, January 9th 2011)

(photos and text: Angela Vicino and Giulia Leporatti)

To commemorate the events of Rosarno a year ago – read more about this in the previous article –  on Jan 9th,  in Rome, dozens of people belonging to different associations were found in many parts of the city, wherever there were orange trees for a symbolic collection. 

S4C was present and followed a very special group of  of Somali refugees who have long occupied the abandoned building of the former embassy of their country (read more, click here).

It has been a day dedicated to Africa workers, spent picking fruit in unexpected places in the city and listening to the stories of these people, to a certain extent all similar.

Then everybody prepared, together, orange marmalade in the street!

It was the chance of learning many stories…

Abdi is a former journalist with 28 years of radio in Mogadishu and fans of Lazio; Mahamud 41 years old electrician and mechanic  explained that in his language engine components are almost always shown with Italian words; 

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Yasin, 37 years old, was a pharmacist  in Mogadishuand he’s a fan of Team Juventus;  Hassan, 23,  had a cell phone shop in Somalia, while Ibrahim, 28 years, had a tire shop and here in Italy has found love, it was married to a compatriot and has two children, but they were all separated by  social services. They like Italy and  Italians and they say they feel good in Rome.

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All of them  have fled  civil war, violence, anarchy and arrived in Italy, getting to Lampedusa by boat after a long overland journey that took them through Eritrea and Sudan, or Uganda and Kenya, and then on to Libya.  

Today Abdi, Mahamud, Hassan and their countrymen ask only the right to a dignified life, a house and a job. Their passports and residence permits are in order, but nobody listens to them.

They are invisible.

Angela Vicino and Giulia Leporatti/S4C

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