Brotherhood
Apaund è venuto di mattina presto assieme all’autista Ugt e Padre Carolus, il ritrovo era il WMCY, giù in Down Town a Yangon, la più grande città della Birmania (4.576.000 ab.) ex capitale fino al 2005. È attualmente il capoluogo dell’omonima Regione di Yangon.
Siamo usciti dalla città per andare alla stazione dei bus, attraversando il ponte sul fiume Irrawaddy in direzione Ovest su Main Road 5. Poco più di un’ora di viaggio per prendere l’autobus che ci porta fino Wakema.
Qui Apound ci lascia, lui deve tornare al lavoro e non può accompagnarmi per questi giorni.
Cinque ore di bus attraverso l’entroterra Birmana dove il paesaggio è cambiato più volte, giungla, piantagioni di riso e poi piccole città, sparse qua e la come segno di una civiltà che avanza sempre più nella natura.
Ci fermiamo una sola volta, si fa tutto qui. Siamo circa a metà del viaggio e mancano ancora 3 ore di strada prima di arrivare al punto d’incontro per prendere la barca.
I nostri compagni di viaggio sono Birmani, gente comune, persone che si spostano per alcuni giorni dalle loro abitazioni per andare a fare acquisti a Yangon, dove trovano prezzi e merci migliori.
Il nostro mezzo è caricato all’inverosimile, ci sono sacchi di riso, elettrodomestici, taniche, e molta gente, qui usano dare una piccola sedia anche a chi deve stare nel corridoio, il viaggio è lungo anche per loro.
A Wakema siamo in pochi a scendere, è l’ultima fermata, da qui proseguiamo in barca attraverso il fiume Irrawaddy navigando per circa un’ora verso sud arriviamo a Pattein, dove c’è la chiesa di Padre Carolus.
Siamo oramai alla fine dell’anno scolastico e molti ragazzi sono andati a casa per le vacanze di natale, ma quelli rimasti ad aspettare il mio arrivo sono comunque molti. Padre Carolus mi porta a visitare velocemente la proprietà della diocesi e si ferma nella parte dove dormirò. E’ pomeriggio inoltrato ed il sole è già tramontato. Qui non hanno energia corrente, usano un generatore a gasolio per tre ore al giorno, dalle 18 alle 21 nelle quali si possono usare elettrodomestici.
Vicino alla chiesa esiste un paese, piccolo, anche quello senza energia.
Anche per la doccia ci sono delle difficoltà, ci si lava come un tempo, a me immemore, dove si usa pescare da una grande vasca l’acqua lasciata a depositare e con una ciotola ci si lava a pezzi!
A me hanno riservato un letto comodo. I ragazzi dormono sulle stuoie direttamente sul pavimento, mentre il mio è un letto, senza materasso, con la stuoia ma rialzato da terra e protetto con una zanzariera.
Il primo giorno è oramai finito, ho ancora due giorni per conoscere ed esplorare questo posto.
La sveglia è molto presto, dato che non c’è la luce qui ci si regola con il sole, si vive tutto il tempo possibile con la luce diurna evitando così sprechi e l’uso eccessivo del gasolio.
Mi sono domandato più volte come mai non hanno i pannelli solari per generare energia, molto probabilmente sono molti i fattori che incidono, i costi, la manutenzione e la posizione difficile della parrocchia.
Mattina presto, le campane suonano, è ancora buio. Cerco di capire che ore sono, ma non c’è luce. All’esterno vedo delle luci che si muovono, sono le torce delle persone che stanno andando a messa.
Mi alzo e vado in esplorazione. mi avvicino alla chiesa, fuori non c’è nessuno, solo all’interno, all’entrata ci sono le scarpe di tutti, in chiesa si entra scalzi. Le ragazze e le donne hanno il velo, come si usava una volta, come si usa ancora in alcuni paesi del sud.
Di messe ne dicono più di una al giorno, mi trovo nel cuore del delta dell’Irrawaddy e ci sono più credenti che nel vicinato di casa mia. Forse perché alternative non ne hanno, forse perché hanno bisogno di aggrappassi alla religione oppure solo per fede. La chiesa è stata costruita dai pionieri che arrivarono qui nel 1867 e dopo l’esplorazione del territorio, iniziarono le evangelizzazioni delle tribù, fondarono le prime comunità cristiane. Dopo il 1927 iniziarono i seminari ed i noviziati per le suore, favorendo la nascita delle associazioni cattoliche traducendo i testi cristiani nelle varie lingue locali.
Qui ci sono cinque diocesi: Toungoo, Kengtung, Lashio, Loikaw e Pekong, tutte con vescovi, preti e suore locali, che corrispondono al 40% dei cattolici del Myanmar, 271.500 battezzati su 680.230 nelle 16 diocesi del Paese, che conta circa 50 milioni di abitanti.
Mi fermo alla messa di mezza mattina, nonostante ne abbaino già fatta una verso le 6, la chiesa è gremita di gente. Non esiste una vera e propria gerarchia, ma qui, autonomamente si dividono in uomini e donne. Non ci sono i banchi abituali, ci si siede in terra.
La voglia di conoscere aumenta, voglio vedere il villaggio, conoscere le persone e vedere come, padre Carolus, riesce ad aiutare. Mi portano a vedere la casa degli anziani, ci sono pochi ospiti, alcuni non hanno nessuno, sono soli, e questo è l’unico posto che li accoglie, non chiede loro nulla, e c’è sempre qualche persona del ricovero con loro.
Le costruzioni non sono ancora ultimate ma nonostante questo la struttura funziona. Nel mezzo del cortile c’è una statua di madre Teresa di Calcutta e di Papa Giovanni Paolo II. Le persone ospiti non sono solo cristiane, accettano tutti.
Mi fermo a salutare e fare qualche scatto, sono contenti di vedermi, qui occidentali non ne passano molti, anzi qui non arriva mai nessuno.
Una visita nel villaggio, mi fa nascere la voglia di creare qualche cosa di più, ho voglia di far conoscere questo posto, ho voglia di aiutare con i miei mezzi Padre Carolus e la sua gente. Ho voglia di creare un video, voglio che sia padre Carolus a raccontare chi è che cosa fa e di che ha bisogno. Dopo poco sono già al lavoro, spiego al padre che cosa vorrei fare e perché. E’ entusiasta dell’idea, e la voglia di raccontarsi, non manca, ha molti progetti da concludere, e molti sono realizzabili con poche migliaia di euro.
Prima di sera ho già girato tutti i video, l’idea è chiara, cercheremmo una parrocchia con cui gemellare la chiesa di Padre Carolus. Troveremmo sicuramente in Italia chi abbia voglia di spingersi oltre.
Questa è la mia ultima sera, hanno deciso di fare una festa per il natale, accendono un grande falò di fronte alla chiesa e lo spettacolo ha inizio. Cantano e recitano in birmano, e si scambiano dei doni, cose semplici, donazioni ricevute. C’è un pacchetto per tutti, nessuno escluso, anche per chi vive nel villaggio, preparano anche un piatto di riso e pollo.
Vado a dormire, sono stati giorni intensi, ho viaggiato e vissuto belle emozioni, conosciuto persone straordinarie che ogni giorno aiutano le persone che stanno attorno a loro. Lo possiamo fare anche noi, lo posso fare anch’io. i bisogni di padre Carolus sono pochi, costruire una clinica per la sua gente, avere un rapporto con altre chiese per conoscere e crescere.
There are no comments
Add yours